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Halloween

Jack O' Lantern

I nomi italiani di Halloween:                                     altro che festa importata

Diciamolo una volta per tutte: le polemiche su Halloween come festa che non appartiene alle nostre radici ha lo stesso sapore stantio dell’ espressione “americanata” o dell’ equivalente “arlecchinata” per definire una cosa che non sia banalmente e penosamente grigia. 

Alla ricerca di argomenti per tacitare i presunti paladini della tradizione ci siamo imbattuti in Nicholas Rogers, uno storico che annovera fra le origini di Halloween di Halloween addirittura la festa dell’ antica dea romama Pomona – che sovrintendeva ai frutti e ai semi – o la  Parentalia dedicata al culto dei defunti.

Arrivando a  tempi, relativamente, più recenti si incontra Samhain, la festa celtica di fine dell’estate e inizio dell’ anno nuovo, che veniva  celebrata (guarda caso) il primo novembre. 

Solo molto più tardi, nell’ anno 840, papa Gregorio IV stabilì in quella data la festa di Ognissanti per sovrapporla a quella più antica.

E arriviamo alle zucche:  in Toscana fino a pochi decenni fa si giocava alla morte secca: a una zucca svuotata, si facevano  occhi, naso e bocca, poi le si metteva dentro una candela accesa e la si vestiva come uno spaventapasseri e , con una scusa, si mandavano i bambini fuori a prendere qualcosa per farli spaventare da quel mostro innocuo.

Anche nel Lazio c’era un’ usanza simile, e la zucca veniva chiamata La Morte, e lo stessi si faceva anche in Lombardia e in Liguria: queste luci a Parma venivano chiamati Lümera. 

In Calabria alcuni paesi hanno conservato addirittura la tradizione del Coccalu di muortu“, cioè teschio; i bambini scavano la solita zucca e girano per le case chiedendo . un vero: “Mi lu pagati lu coccalu?” ( “Me lo pagate il teschio?”) dove è facile trovare analogie col trick or treat statunitense. 

In Sardegna la nostra zucca ha tanti nomi, a testimoniare la diffusione della tradizione:  Is Animeddas, Su Candeleri, Su mortu mortu, Sas Animas, Su Peti Cocone, Su Prugadoriu o Is Panixeddas… e i bambini  bussano alle porte cercando noci e dolci.

Insomma, la prossima volta che qualcuno vi dice che Halloween non è una festa nostra, sapete che cosa rispondergli… 😉

Castagnaccio e altre polverine.

Come l’ingrediente di un dolce può scatenare le prime, oratoriane voglie di trasgressione.

castagnaccio

Come l’ingrediente principale di un dolce della tradizione poteva scatenare i primi tentativi di trasgressione oratoriali.

La prima cosa che mi viene in mente pensando al castagnaccio non è tanto il dolce di cui vi diamo l’inforicetta, ma un ricordo legato alle “domeniche da solo in un cortile a passeggiar”.

Certo, non era estate e il pomeriggio più che azzurro era grigio, essendo autunno, ma l’ambiente era proprio quello dell’ oratorio.

Fra mastodontiche doppie brioche a forma di pesca e cannoncini ripieni di crema di dubbia freschezza, ma degni di figurare per enormità sugli spalti delle navi della envencible armada, nel bar gestito da nerborute volontarie si vendeva anche una magica polverina che noi chiamavamo “castagnaccio”.

Era, a dire la verità, una semplice farina di castagne, da succhiare con un bastoncino fino a quando la polvere riusciva a foderare completamente il palato provocando una seta estinguibile soltanto da potenti sorsate di gassosa filtrata attraverso una stringa di liquirizia (la gassosa, e lo dico soltanto per i più giovani, era una sprite prodotto in quantità industriali dai venditori locali di bibite e in qualche modo simile alla Sprite: i sibariti undicenni come noi, d’estate la insaporivano facendoci sciogliere dentro il ghiacciolo al limone…)

I più intraprendenti del mio gruppo, di cui a essere sincero non facevo parte, si bullavano di riuscire a risucchiare questa farina di castagne direttamente dal naso, mandando in visibilio le ragazze, ignare dei pomeriggi in cui i loro impavidi cavalieri avevano rischiato il soffocamento per allenarsi in questa esibizione.

Pessim abitudine, che avrebbe portato alcuni di loro a scivolare, lentamente ma inesorabilmente, verso ben altre polverine. Magari gradualmente, come era successo a “nasello” (così era stato chiamato”, passato con una progressione geometrica dal castagnaccio alla polvere per rendere frizzante l’acqua del rubinetto (esisteva anche quella, ikei lettori più giovani,m e si chiamava Idrolitina) ottenendone un effetto euforizzante delle narici, fino ad arrivare alla perversione estrema di rollarsi una sigaretta mettendoci lo zafferano. “Mi sembrava di avere sullo stomaco due chili di risotto” : la frase con cui chiosà questa esperienza mistica restò a lungo nella hit delle cose più stupide mai sentite nel nostro gruppo di amici.

MORALE: usate la farina di castagne per seguire la nostra inforicette, e se proprio volete provare l’ebbrezza della trasgressione, di fette di castagnaccio mangiatene due, alla faccia di tutti i consigli sull’alimentazione sana e corretta.

Noce

 

Noce

• Diffusione: è stata introdotta in Europa in tempi antichissimi, ma è originaria dell’ Himalaya
• Coltivazione: teme gli eccessi climatici ed è sensibile ai ristagni di acqua.
• In cucina: utilizzata per macedonie, dolci, salse si accompagna con gusto a formaggi dal sapore deciso
• Proprietà terapeutiche: antianemiche, drenanti, energetiche, lassative, nutrienti, rimineralizzanti, vermifughe. R, aiutano a rinforzare le pareti delle arterie  e la vitamina E combatte i radicali liberi
• Curiosità: per preparare il nocino, tipico liquore contadino, le noci vanno raccolte ancora col mallo intatto nella notte di san Giovanni, da una donna esperta nella preparazione che si arrampica scalza sull’albero.
• Proverbio: “‘Na nuci ‘ntu sacco nun scuci (Calabria: una sola noce nel sacco non fa rumore)

 

Uva passa o sultanina

Uva passa

• Diffusione: l’uva passa è prodotta a partire dall’uva sultanina,una varietà di vite europea usata prevalentemente per produrre uva essiccata. E’ apirena (ossia priva di semi) e ricca di zuccheri. Di origine greca, turca e iraniana è oggi largamente coltivata in Australia, Turchia e negli Stati Uniti.
• Coltivazione:La vite è una pianta dalla grande adattabilità, cresce bene anche in climi secchi, anzi una piovosità troppo elevata può danneggiarne il raccolto.
• In cucina: L’uva passa è spesso impiegata nella preparazione di dolci; infatti la si trova spesso nei biscotti, nelle ciambelle, nei ripieni (strudel), nelle frittelle, e anche nel famosissimo Panettone.
• Proprietà terapeutiche: l’uvetta possiede antiossidanti in grado di combattere alcuni tipi di batteri responsabili di carie dentale ed infezioni orali. Aiuta inoltre a controllare i livelli di glucosio nel sangue e a prevenire patologie cardiache e il diabete.
• Curiosità: Negli Stati Uniti l’uva sultanina è conosciuta anche con il nome di Thompson Seedless, dal nome di William Thompson, che per primo introdusse la coltivazione in California.
• Citazione: (…) a Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie (…)Franco Battiato

Rosmarino

rosmarino

• Diffusione: originario dell’area mediterranea, asiatica e africana, il rosmarino cresce spontaneamente nelle zone litoranee, nell’entroterra e nella macchia mediterranea. Nel nostro paese è largamente diffuso anche nei giardini.
• Coltivazione: la coltivazione del rosmarino è semplice, cresce sia in terra che in vaso. Richiede una posizione soleggiata e all’aria aperta. Patisce temperature troppo rigide e i terreni troppo umidi.
• In cucina: in cucina vengono impiegate le foglie o piccoli rametti col fine di aromatizzare e insaporire svariate pietanze, prevalentemente carni ma anche primi piatti.
• Proprietà terapeutiche: il rosmarino è una pianta officinale altamente energetica, stimola il corpo e combatte la stanchezza. Ha inoltre proprietà disintossicanti e depurative sull’organismo.
• Curiosità: Una leggenda medievale sosteneva che il rosmarino, come simbolo dell´immortalità e della fedeltà coniugale, tenesse lontano gli spiriti cattivi.
Il suo nome è molto poetico: rosmarino deriva dai termini latini ros, rugiada, e marinus, marino. Ovvero, letteralmente, “rugiada del mare”.
• Proverbio: c’è il rosmarino per la rimembranza. Ti prego, amore, ricorda. (Cit. letteraria William Shakespeare, Amleto)

Pinoli

pinoli

• Diffusione: diffusi in tutto il mondo, come le specie di pini (20) di cui sono i semi, rinchiusi nelle pigne. In Italia si raccolgono principalmente in Toscana e in Lazio.
• Coltivazione:  in Italia le pine ancora verdi (si chiamano proprio così, senza g) da cui si ottengono i pinoli sono prodotte principalmente dal Pino Domestico o Comune (Pinus pinea) ed il Pino Cembro (Pinus Cembra).
• In cucina:  usato per arricchire ricette di piatti dolci (castagnaccio) e salati (tortini, per esempio) , trova la sua massima espressione nel pesto alla genovese.
• Proprietà terapeutiche: molto energetici, 100 grammi danno 600 calorie, hanno proroprietà antiossidanti, sono indicati per gravidanza e crescita e, si dice, abbinati a zucchero e uvetta hanno proprietà afrodisiache.
• Curiosità: da 100 kg di pine si ricavano solo 5 kg di pinoli.
• Proverbio: “O cosa vòi? ‘Na fetta di ‘ulo co’ pinoli?”  (da interpretare come espressione in termini paradossali della reazione di fronte a chi accampa pretese esagerate).

Castagna

castagna

• Diffusione: il castagno è diffuso principalmente in foreste di alta montagna e collina dell’ Europa sud-orientale, ma anche in Nord Africa e Asia occidentale.
• Coltivazione: il castagno preferisce terreni acidi, viene perlopiù coltivato nei frutteti, ma anche in grandi vasi.
• In cucina: la castagna può essere bollita o arrostita (le famose caldarroste); è impiegata nella preparazione di dolci quali ad esempio i marrons glacés e il castagnaccio. Si adatta bene anche a piatti a base di carne, come il pollo o il tacchino ripieno, celebre piatto americano tipico del giorno del Ringraziamento.
• Proprietà terapeutiche:le castagne sono ricche di glucidi e apportano per questo motivo molta energia; sono ricche di fibre, e di sali minerali quali ad esempio il ferro, il fosforo, il potassio e il calcio.
• Curiosità: anticamente la castagna era usata anche come moneta di scambio nelle comunità montane.
• Proverbio: “Par San Locca, ch’à i maron si plocca, e ch’in’à brisa as plocca la camisa.” (Per San Luca, chi ha i marroni li lecca, chi non li ha si lecca la camicia. Proverbio bolognese).
Insomma, nella vita è sempre meglio averli…

QUANDO IL FIASCO CAPITA A FAGIOLO

La ricetta toscana dei fagioli al fiasco ci ricorda che anche in cucina le cose migliori,
dalle patatine alle crêpes suzette, a volte arrivano proprio dagli sbagli.

Fagioli al fiasco

Non che la ricetta dei fagioli al fiasco sia un errore, intendiamoci.
Già a partire dagli ingredienti si capisce lo spirito di questo classico: poche cose, tutte di alta qualità lasciate insieme a cuocersi piano piano in modo che distillino la loro anima come nell’alambicco di un alchimista. Come succedeva quando le massaie buttavano il fiasco nella cenere del camino, dimenticandosene per stare appresso a mille altre faccende.
E mentre il fiasco (forse l’ingrediente più difficile da recuperare ad essere sinceri: se ne avete qualcuno tenetelo da parte) si fa i fatti suoi sul fuoco basso basso, noi abbiamo pensato a tutte le volte che da un metaforico fiasco sono nate delle cose meravigliose.

Anche solo per restare in cucina, prendete le patatine fritte: non le french fries, che poi sarebbero nate in Belgio ma questo è un discorso che faremo un’altra volta, intendiamo proprio le patatine quelle del sacchetto. Beh, pare che siano nate nel 1853 per sbaglio o, meglio, per una ripicca non riuscita.
Esasperato dalle lamentele di un cliente che gli rimandava continuamente indietro le patate perché erano tagliate troppo grosse, lo chef George Crum del ristorante newyorkese Moon Lake Lodge Resort le affettò così sottili da essere quasi trasparenti e assolutamente imprendibili con la forchetta, le buttò nell’ olio bollente e gliele portò credendo di fargli un dispetto, e non di creare quel capolavoro di gusto, calorie e colesterolo che sarebbe col tempo diventato la gioia di milioni di bambini e di dietologi di tutto il mondo.

Una quarantina d’anni dopo, nel 1892 un giovanissimo assistente dello chef del rinomato Cafè de Paris di Montecarlo aggiunse troppo liquore alla crêpe che gli era stato chiesto di preparare per il futuro re d’ Inghilterra Edoardo VII. Si decise di servirla comunque, e il giovane principe gradì così tanto che chiese al cuoco, che di certo non mancava di faccia tosta, come si chiamasse quella ricetta così buona. Guardando l’avvenenza dell’ospite che accompagnava il nobiluomo, il ragazzo battezzo il dolce crêpe princesse, ma il buon Edoardo, che non era certo in compagnia di una futura principessa, decise più democraticamente di battezzarla col nome proprio della ragazza. Suzette, ovviamente.

Perché come diceva John Lennon, la vita è quello che ti succede mentre stai facendo altri progetti. E noi, visto che nel frattempo i fagioli si son cotti, realizziamo il nostro progetto di mangiarceli alla vostra salute.

 

Pepe nero

Pepe nero

• Diffusione: nativa dell’ India meridionale, la pianta del pepe è coltivata in tutti i paesi tropicali.
• Coltivazione: le piante si propagano per talea, e arrivano fino ai 4 metri di altezza.
• In cucina:  nell’antichità, come molte altre spezie, serviva a nascondere il gusto di cibi non proprio freschissimi. Oggi dà, come si dice, un po’ di pepe a ogni tipo di ricetta.
• Proprietà terapeutiche: aiuta l’assorbimento di alcune vitamine e, aumentando la termogenesi, facilita il consumo di calorie.
• Curiosità: dalla stessa pianta si ottiene il pepe nero che è il frutto acerbo essicato, il pepe bianco che è il solo seme , il pepe verde è il frutto acerbo essicato con diossido di zolfo per mantenere il colore.
• Proverbio: “A cuopp cup poc pep cap” (Napoli: in un cartoccio piccolo entra poco pepe, cioè non si può pretendere troppo da chi ha poco cervello, ndr.)

Salvia

• Diffusione: originaria del bacino del Mediterraneo, dove cresce spontanea
• Coltivazione: pianta facile da coltivare, teme il freddo eccessivo e i ristagni di acqua.
• In cucina: utilizzata per insaporire carni, primi piatti e zuppe, è ottima anche fritta.
• Proprietà terapeutiche: antiossidante, battericida, antispasmodica, antisettica, rinforza le gengive e lo smalto dei denti.
• Curiosità: il suo nome deriva dal verbo latino “salvare”, a dimostrazione delle infinite proprietà curative che gli antichi le riconoscevano.
• Proverbio: “Chi ha la salvia nell’ orto ha la salute nel corpo”.