C’è un ristorante a Milano dove ogni sera cenano oltre 200 persone: famiglie con bambini, uomini divorziati, coppie che lavorano, cinquantenni italiani in libera uscita dal lavoro…
Detto così sembra uno dei tanti ritrovi presentati nelle rubriche dedicate alla vita mondana in città, ma Ruben è tutta un’ altra cosa. Ruben dà da mangiare a tutte quelle persone che rappresentano il volto nuovo della povertà, e che magari fino a poco tempo fa erano soliti frequentare proprio quei locali che fanno pulsare il cuore di quella che un tempo veniva definita “la Milano da bere”.
Ora il cuore pulsa per altri motivi: la paura di non aver niente da dare da mangiare ai propri figli, l’ angoscia di trovarsi in una situazione che non si sa controllare, il panico scatenato da una condizione economica che non rientrava nelle prospettiva del proprio futuro e che si fa fatica ad accettare.
Perché Ruben,il ristorante creato dalla fondazione Ernesto Pellegrini, con le sue cene a un euro si rivolge a tutta quella nuova fascia di povertà creta dalla lunga crisi in cui tutti stiamo passando: scordiamoci gli homeless poetici ed eroici della Londra di Dickens o della Milano dei Tecoppa, i tossicodipendenti degli anni settanta e ottanta, gli immigrati sui barconi.
Sui tavoli di Ruben la povertà ha il volto stanco e sconfitto del vicino di casa che ha perso il lavoro e che i giornali etichettano come esodato, come se questa parola dal suono bizzaro da entomologo facesse scomparire la concreta difficoltà di mettere insieme il pranzo con la cena.
E il disagio ha il volto del padre divorziato che, quando gli va bene, magari è tornato a dormire dai genitori nella cameretta di quando era ragazzo, e che quando ha uno stipendio lo deve utilizzare per pagare gli alimenti ai figli.
Come ci ha detto il responsabile della fondazione Ernesto Pellegrini, Davide Lo Castro: “sono persone che non hanno dimestichezza con le associazioni, che hanno vergogna a chiedere aiuto e comunque non sanno come farlo. Per questo abbiamo creato una rete che comprende le tradizionali associazioni cattoliche, le nuove figure del volontariato e dell’ assistenza e ora anche i servizi sociali della città. Più allarghiamo la rete, più persone possiamo sperare di intercettare e aiutare”.
Persone che non sempre hanno la forza di ammettere il loro effettivo bisogno di essere aiutati, proprio come quel Ruben che ha dato il nome al ristorante, la cui vita è narratra in poche ma sentite righe scritte proprio da Ernesto Pellegrini:” Ruben aveva lavorato per tre generazioni nella mia famiglia, poi in un momento difficile si è ritrovato senza casa, senza lavoro e io, che non ho avuto modo di aiutarlo, ho sempre ricordato il suo ricordo nel mio cuore. Un uomo buono, un gran lavoratore che non è riuscito ad affrontare un cambiamento fore duro. Oggi è nel suo ricordo che attraverso il ristorante voglio aiutare chi si trova in un momento di difficoltà e di disagio, e che nel nome di Ruben trova non solo cibo, ma anche aiuto, ascolto e una motivazione a riprendere in mano la propria esistenza, sapendo di poter contare su qualcuno. E’ il mio modo di restitutire un poco di quello che la vita mi ha dato”.
Per saperne di più su Ruben, sul ristorante e sulla fondazione Pellegrini, seguite questo link.
E settimana prossima vi racconteremo un’altra storia di Natale, perché noi di Odio il Brodo siamo sempre più convinti che parlare di cibo non sgnifichi soltanto descivere ricette e a fotografare piatti, ma raccontare le storie che si nascondono dietro un piatto, un ristorante o, come faremo nel prossimo post, un corso di cucina davvero particolare. Perché settimana prossima è Natale a Milano come in tutto il mondo…