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Barbabietola e cavolfiore: povertà ma libertà!!!

povertà ma libertàLa ricetta di oggi ha, come sempre, una sua storia da raccontare.

E voi lo sapete che quando c’è da raccontare la parola, fra i due galli di Odio il Brodo, spetta a quello che non è capace di disegnare nemmeno sotto tortura e che invidia la capacità del creatore di inforicette…

La storia che vi voglio raccontare oggi è assolutamente personale, e racconta delle donne più importanti della mia vita, attraverso gli ingredienti utilizzati in questa ricetta che sembra un dolce a vedersi, ma che è concreta e vitaminica come solo le donne più vere sanno essere.

Iniziamo dalla barbabietola, che altri non è se non la mitica nonna che gestiva da sola una trattoria, e di cui un giorno vi racconterò a lungo. Era rossa di capelli, e aveva tutte le caratteristiche di caparbietà e di tigna che venivano attribuiti a questa tinta pilifera (che era anche la mia, e questo vorrà dire qualcosa) , con in più la capacità di arrossire “come una barbabietola” (lei diceva in dialetto biedrav) quando doveva dire qualcosa che la irritava molto. Ma non taceva: faccia rossa, ma patire mai era uno dei suoi motti preferiti.

Così la barbabietola l’ho fatta bollire insieme a un paio di patate, per stemperare il suo rosso cupo in un colore più chiaro e l’ho insaporita con qualche pizzico di sale dell’Himalaya pestato nel mortaio insieme a qualche grano di pepe rosa.

Con il cavolfiore siamo a mia mamma,  che lo chiamava “quel fiore del cavolo” già decenni prima che uscisse il libro “Trattato di culinaria per donne tristi” dove è presente la ricetta del cavolfiore alla nebbia che consente di sprofondare nella tristezza  come ogni tanto è salutare fare. Siccome però la tristezza totale non fa parte del mio modo di essere, insieme al cavolfiore ho fatto bollire un porro per fare in modo che trasmettesse un po’ del suo carattere alle infiorescenze bianche.

Con l’acetosella, uno dei miei fiori eduli preferiti, parlo di mia moglie: i piccoli fiori rosa che hanno appena iniziato a decorare questa specie di trifoglio sono la bordura del vialetto che porta all’ingresso della nostra abitazione, e per me rappresentano l’aria di casa.

E infine, i cubetti di avocado per ricordare il Paese da cui proviene la nostra señorita, nata in centroamerica e con noi ormai da dieci anni.

Spero che vi piaccia questo mio racconto, e che proviate anche voi a realizzare questa ricetta che, fra l’altro, è anche molto pasquale.

Dimenticavo, il nome: un omaggio, oltre a quello che ogni giorno che passa diventa il mio personale modo di pensare, a una fra le frasi preferita della mamma di mia moglie, che a diventare mia suocera non ha fatto in tempo per un pelo.
Buon appetito anche a lei.