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Insalata di patate revolution

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Rieccoci.

Dopo la pausa estiva siamo tornati a raccontarvi le cose che cuciniamo e quelle che ci piacciono, e presto vi daremo  anche qualche infografica nuova.
Per oggi scaldiamo i forni con una ricetta veloce veloce, ispirata a uno  chef televisivo che ci piace molto: Jamie Oliver, che con la sua Food Revolution sta cercando di portare consapevolezza alimentare nelle scuole.

Da una puntata della sua trasmissione “cucinare in trenta minuti” abbiamo copiato questa ricetta davvero veloce. : insalata di patate, feta e coriandolo.

Sbucciate le patate, fatele a pezzetti piccoli, metteteli in una ciotola di vetro, quindi copritela con una pellicola per microonde: bastano venti minuti al massimo della potenza, ma controllate (facendo attenzione a non scottarvi col vapore che uscirà aprendo la pellicola,

Intanto avrete tagliato a cubetti la feta e tritato grossolanamente il coriandolo, per unirli alle patate e, se volete, una buona passata di olio extra vergine di oliva.

Ma è buona anche così…

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Ditelo con i fiori di zucca: 1, le minifrittatine.

Screenshot 2014-07-18 14.57.09Quando si abita in campagna capita di vedersi spesso arrivare  a casa, da amici con orto, prodotti stagionali da cucinare in più modi per evitare la noia.

Questo è il periodo dei fiori di zucca, e allora ecco una prima ricetta che li vede semplicemente decorare delle minifrittatine realizzate con una padella per i blinis: in ognuno dei piccoli spazi dedicati alla cottura si mete una cucchiaiata di uovo sbattuto con il parmigiano grattugiato, sale e pepe , lo si fa rapprendere un pochino, ci si adagia sopra il fiore aperto e poi lo si ricopre con un altro velo di uovo sbattuto.

Non appena si è rassodata, si gira la minifrittatina per farla dorare anche dalla pate del fiore e si tiene da parte. Tanto è buonissima anche fredda.

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Peperoni ripieni veloci veloci…

Screenshot 2014-07-13 09.35.50…veloce come questo post. Perché si ha un bel dire contro il microonde, e l’ho fatto anch’io spesso. Poi ho scoperto quanto mi semplificava la vita e ho iniziato a usarlo, a volte anche con gratitudine.

Come sabato sera, quando di ritorno dalla spesa ho scoperto di non aver segnato sul calendario la cena programmata con una coppia di amici che, per fortuna, mi han chiamato avvisando “fra venti minuti siamo lì”.

Così ho tagliato e pulito dai semi i due peperoni (uno rosso e uno giallo) che avevo appena acquistato e li ho messi al microonde massima potenza per cinque minuti, così si sono ammorbiditi ben bene.

Una volta accumulata la spesa nel frigorifero (“mettere a posto” è un concetto molto ottimistico di quello che ho fatto in così poco tempo…) ho deviato la carne trita dalla sua originale destinazione per il ragù  quella di ripieno, mischiandone quattro etti con tre uova e una sapiente nevicata di parmigiano grattugiato, sale e pepe.

Ci ho riempito i peperoni e li ho messi di nuovo al microonde (benedetta sia la funzione crisp) per altri venti minuti.

Grazie al gelato portato dagli amici, e a una bella insalata di pesche e amaretti, la cena è stata in qualche modo salvata.  Certo, se avessi comprato un peperone verde avrei perfino potuto spacciare questa cena gialloverde con un omaggio al Brasile che giocava proprio quella sera, la finalina dei mondiali di calcio, ma visto com’è finita la partita, in fondo è stato meglio così…

 

C’è quel che c’è… la pasta fredda con dentro tutto un anno.

Screenshot 2014-06-29 11.42.26C’è quel che c’è, di quel che c’è non manca niente. Era questa, se non mi ricordo male, la frase di apertura di Scatafascio, il programma di Paolo Rossi del 1997.

Ed è un po’ la filosofia della pasta fredda, specialmente di quella che vi propongo oggi, dove prima di prendermi una settimana di vacanza metto tutte le cose interessanti che mi sono capitate dalla vacanza scorsa, esattamente un anno fa.

Milano, prima di tutto: già presente nel video che ho linkato prima: per me che sono brianzolo di nascita, Milano è il posto degli incontri, del lavoro, delle occasioni. Quest’ anno a MIlano ho incontrato Tiziana Stefanelli durante una serata Star con i blogger di Cucinare Meglio,  due di loro (Enza e Mapy) son venute con me a una lezione all’ Istituto Europeo di Design dove insegna anche l’altra metà del brodo (grazie Mauro: le tue inforicette sono bellissime), e ho conosciuto Giovanna Menci di Acquacotta e Fantasia, in trasferta dalla sua Toscana.

E in questa pasta fredda Milano è presente con lo zafferano: ho provato a  scioglierlo nell’ acqua di cottura della pasta, e il colore che ne ho ottenuto è davvero interessante. Magari la prossima volta esagero…

Altro incontro interessante di quest’anni è stato quello con Marcello de I Senza Glutine e pensando a lui e alla sua azienda ho scelto di utilizzare una pasta ideale anche per i celiaci.

Per rendere omaggio a Cucinare Meglio, e anche perché me ne erano avanzate un po’, ci ho messo anche le patate di Bombay, un classico di Mc Chef e DJ Cook che stan diventando una hit nella mia cucina.

Poi una mozzarella, un pomodoro, basilico fresco perché l’Italia mi piace nonostante tutto, una generosa spruzzata di olio extra ergine di oliva e, adesso che ho svuotato il frigo, posso partire,

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L’occhio di venere: riso venere integrale e una bellissima storia.

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Premetto che la foto non avrebbe dovuto essere questa. Ne avevo scattato un’altra, di profilo in modo da evidenziare meglio come la chip di parmigiano desse uno slancio più verticale al piatto e come il pomodorino tondeggiasse semisferico al di sopra del riso nero.

Ma questa ha tutto un’ altro valore: l’ha scattata la mia amica Marina, mentre mi raccontava una storia che mi ha lasciato emozionato. una storia che invita a guardare il mondo da una prospettiva differente.

Dalla prospettiva di chi non ci vede, per esempio, come succede a sua figlia ( che per inciso è fra le migliori amiche della mia) che a soli 15 anni si muove col bastone bianco per una rara sindrome che comprende anche la degenerazione della retina (la sindrome di Alström, per essere precisi: anzi, già che ci siamo mettete like alla loro pagina facebook).

Insieme a un gruppo di amici non vedenti e ipovedenti, la scorsa settimana avevano organizzato un incontro con pranzo in una trattoria famosissima dalle nostre parti, fissando come si fa in queste occasioni il costo po-capite del pranzo, escluso dolce e vino.

Solo che a fine pasto il dolce è arrivato ugualmente per tutti, e la cameriera ha precisato che era stato offerto da un signore che pranzava poco distante dalla loro tavolata. Marina si è alzata per ringraziare l’anziano signore, che le ha spiegato come proprio quel giorno stesse riflettendo su quanto la sua vita fosse stata fortunata, e di come fosse il caso di condividere un po’ della sua fortuna con gli altri.  Così, quando ha visto entrare quel gruppo di genitori con i loro giovani figli che nonostante i loro problemi si stavano divertendo e ridevano insieme, ha deciso di fare qualcosa.

Marina lo ha ringraziato, e mentre lui se ne andava ha chiesto alla cameriera di portarle il conto. Ma la vera sorpresa era che il signore non aveva pagato soltanto il dolce, ma tutto il conto del pranzo.  E con una storia così, volete che non metta questa foto che sembra un occhio?

Quindi, già che ci sono, eccovi anche la ricetta: fate bollire il riso venere integrale ( cuoce per quaranta minuti, ma volete mettere il gusto croccante…), e intanto preparate una soffice crema di ricotta (io ho aggiunto dell’acqua minerale ) e insaporitela colorandola con lo zafferano.

Quando il riso è pronto, fatelo saltare in un olio aromatizzato con basilico e aglio e impiattatelo guarnendo con la mousse di ricotta, una chip di parmigiano (velocissima, circa cinque minuti  sotto il grill del forno e i mucchietti di formaggio grattugiato si trasformano in dischetti che dovrete stare attenti a togliere dalle mani degli eventuali presenti in cucina per non restare senza).

Al centro, un pomodorino che contrasta per colore e acidità. E che visto dall’alto ricorda un occhio, per restare in tema col racconto. E anche un po Mike Wazowski, per dirla tutta… 😉

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Ceci, Ceci & Ceci: falafel, sugo di gamberetti e farinata di hummus.

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Ci sono errori di valutazione che possono stimolare la creatività. A me è successo venerdì  sera, quando mi sono accorto che avevo messo a bagno un numero di ceci secchi spropositato rispetto al numero degli invitati cui avevo promesso i falafel preparati secondo la nostra inforicetta.

Così, dopo aver preparato un trentina di saporitissime palline fritte, mi sono ritrovato lo stesso quantitativo di legumi ammollati che mi guardavano perplessi, inconsapevoli del futuro che sarebbe toccato loro in sorte.

I primi li ho sistemati sabato a pranzo, utilizzandoli per preparare un saporitissimo sugo con i gamberetti e i pomodori prlati, fatti insaporire prima con un  soffritto di aglio e scalogno e , a fine cottura, con un trito delle erbe aromatiche che ho piantato sul balcone.

Ma ancora i ceci non erano finiti, e allora, hummus: io lo preparo  sempre rispettando la rigorosa ricetta degli amici di labna , e sabato pomeriggio ne ho prodotto in quantità industriali distribuendolo poi a larghe mani a tutto il parentado.

Eppure, nella ciotola c’erano ancora ceci in abbondanza e nel vasetto della Tahina ancora una dose generosa di questa pasta di sesamo irrinunciabile per la preparazione dell’hummus. Così è scattato l’esperimento .

I ceci residui sono stati tritati grossolanamente e miscelati con la tahina rimanente, ottenendo un impasto di buona consistenza distribuito su una teglia bel oliata, come se fosse una farinata, e messa poi in forno a 220 gradi per una ventina di minuti.

Ne è uscita una focaccia davvero golosa, ideale anche per chi soffre di intolleranza al glutine. Certo, l’abbinamento col prosciutto cotto e l’insalata con cui l’ho proposta a tavola non è esattamente consono alle tradizioni religiose mediterranee dei popoli che han creato l’hummus, ma si sa che Odio il Brodo ama la contaminazione.  Per non parlare del prosciutto…

 

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Caffè, cacao, asparagi e melanzane: altro che cavoli a merenda.

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Il vantaggio di navigare ogni giorno per mestiere fra decine di pagine facebook  dedicate alla cucina è indubbiamente, quello di venire a contatto ogni giorno con tante idee nuove e interessanti sperimentate dai blogger. E i “nostri” di Cucinare Meglio sono davvero attivissimi e creativi.

Prendete per esempio le amiche di Ça Va Sans Dire: quando ho letto la loro ricetta degli asparagi con pane tostato, caffè e mandorle mi è partito immediato l’applauso,  Era un abbinamento cui non avevo pensato, e così l’ho fatto mio quando sabato sera ho avuto ospiti vegetariani a cena (ma quanti stanno diventando questi vegetariani?).

Così ho rielaborato la loro idea mettendo gli asparagi appena sbollentati in un cartoccetto di sfoglia, con una fettina di formaggio Asiago e una spolverata di pane grattugiato mescolato con il cacao.

E durante il quarto d’ora circa di forno a 220 gradi, mi sono sentito osservato da una melanzana tonda che occhieggiava dal tavolo di lavoro. così l’ho affettata sottile e, visto che un retrogusto di cacao già le melanzane ce l’hanno di loro, ho aggiunto un po’ di cacao amaro al pane grattuggiato e le ho fritte.

Quando sono arrivati in tavola, entrambi gli antipasti sono stati spazzolati fino all’ultima briciola. Perché i miei amici sono vegetariani, mica inappetenti…

 

Mamma and the Muffins: salati, con Branzi e Salvia

Screenshot 2014-05-11 18.33.33Il vero nome della band era Martha and the Muffins, e la loro canzone più famosa era Echo Beach, che già che ci siamo ve la posto qui.

Ho cambiato il nome perché questi antipasti li ho preparati a sorpresa per il pranzo della festa della mamma mentre mia moglie puliva le scale e mia figlia se la dormiva: una scena sia lontana anni luce da quella newyorkese della no-wave in cui era nata la canzone del link , ma il tempo passa per tutti.
A Branzi c’eravamo andati in montagna lo scorso anno, ma questo formaggio lo conoscevamo già: abbiamo provato a usarlo per i pizzoccheri, insieme alla salvia e alle coste, così visto che ne avevamo un pezzo in frigo è partito l’esperimento.
Farina (200gr, ho scelto quella che lievita cui ho aggiunto un “booster” di un cucchiaino di bicarbonato), latte (200ml) e ovviamente Branzi e foglie di salvia. E il sale, che se non non lo mettete e poi dite che è colpa mia, ma è chiaro che ci va: son muffin salati, del resto.
Impasto tutto, metto in forno per venti minuti nei miei ormai indispensabili pirottini di silicone, e intanto faccio friggere l foglie di salvia fresche che userò come decorazione.
Siccome a friggere le foglie di salvia fanno in fretta, impiego gli altri cinque minuti prima della fine della cottura pe tagliare a piccoli dadini il branzi rimasto e mischiarlo insieme a foglie di salvia fresca sminuzzate con un paio di cucchiai di miele di acacia.
Quando il forno (nuovo, l’altro dopo diciassette anni di onesto servizio ha deciso di por fine ai suoi giorni) ha suonato il campanello, ho sformato i muffin, li ho lasciati raffreddare e li ho circondati con la dadolata.
La mamma festeggiata ha gradito, e pure la figlia che come sempre si è alzata con una fame che rende onore all’ appellativo che le davo da piccola di “millefauci”.
Quindi, anche stavolta, missione compiuta e Muffin finiti.
Martha, la cantante, non lo so che fine abbia fatto, ma mi aiuterò con google. Tanto adesso fuori sta piovendo, dove vado…

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Bouquet di risotto, Natural Recall per non dimenticare un compleanno.

Schermata 2014-05-02 alle 09.06.37Togliamo subito ogni dubbio: in nessuno dei tre risotti che compongono questo piatto è contenuto anche solo un petalo di rosa. Le rose, quelle che aveva piantato mia madre, sono state solo l’ispirazione cromatica per ideare un piatto che in qualche modo celebrasse il suo compleanno insieme alle persone che ancora la ricordano.

Le aveva ibridate, io che ora me ne occupo non so nemmeno come abbia fatto, unendo due specie differenti, e il risultato è stato questo insieme armonico di rosso, di giallo e di arancio: spero che la ricetta che descrivo piaccia, e chissà che un giorno non la cucini anche  per loro, agli amici di Natural Recall, un progetto di grafica e comunicazione che sta coinvolgendo 40 designer di tutto il mondo, invitati a descrivere in un poster, un disegno, una frase il loro rapporto di affinità elettiva con una creatura del mondo vegetale.

Ma torniamo a noi, e al nostro consueto modo di accennare alle ricette che riempiono lo spazio fra una infografica e l’altra. La base di partenza è stato il solito, immancabile risotto alla parmigiana, che a metà cottura è stato suddiviso in tre differenti pentolini, che mi hanno dato la sensazione di lavorare come il Keith Emerson che da piccolo vedevo smanettare su tre differenti tastiere.

La cottura è quindi proseguita con tre differenti mix di ingredienti: in un pentolino il riso ha avuto in dono il prezioso colore dorato dello zafferano per poi essere mantecato col gusto sapido di un buon gorgonzola, in un altro è stato fatto arrossire  con un concassé di pomodori pachino insaporiti con la mia adorata erba cipollina, nel terzo l’arancio di un passato di carote è stato insaporito con un trito dal gusto fresco e orientale di zenzero marinato.

E mentre, finita la cottura, i tre risotti si riposavano dalle fatiche della cottura, sotto il grill sono stati preparati tre cartocci in sfoglia di grana in cui sono stati depositate tre palline , fatte proprio col porzionatore da gelato, di tre colori differenti.

E la salvia, direte voi? Beh, Carlo Cracco dice che tutto quello che c’è nel piatto va mangiato  e la salvia oltre che decorativa è commestibile. E poi la mia mamma diceva di strofinarla sui denti per pulirli e lasciare un buon profumo in bocca alla fine del pasto, così anche questa aromatica diventa una Elective Affinity… Buon Compleanno.

 

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Partigiana di melanzane e peperoni: la parmigiana di chi resiste.

Screenshot 2014-04-24 21.15.10“Non c’è libertà che non contempli quella dei sensi e le condizioni del godimento. Non v’è alcun piacere, senza libertà.”

Questa frase è presa dal libro CUOCHE RIBELLI dove si parla di figure femminili in cucina che non sono le solite mamme e nonne, ma donne che hanno fatto una “cucina impudica” attraversando il novecento con le loro personalità decise: una cocotte parigina, una militante anarchica della Colonna Durruti, un’allieva della scuola d’arte tedesca e membro di una cellula spartachista.

Nel suo piccolo, la nostra Partigiana di melanzane resiste  ai luoghi comuni per cui la cucina deve essere una cosa o dolce e buona che ricorda la mamma e i sapori dell’infanzia, o un’ opera d’arte da commentare con la stessa sussiegosa incomprensione che si ha di fronte a un’ opera d’arte contemporanea, o una riproposizione fedele dei piatti di una tradizione che ormai non esiste più.

Così per celebrare la festa della liberazione dai luoghi comuni abbiamo dato alla solita parmigiana un twist più deciso. Le melanzane sono state fatte saltare con l’aglio, che tiene lontani mostri e vampiri , e non fritte perché per resistere bisogna cercare di essere più leggeri.

Il pomodoro concassé è stato saltato col peperoncino, perché un po’ di piccante aiuta a non annegare tutto in una indistinta passata .

Al posto della fresca mozzarella il gusto “montagnino” del taleggio e invece del basilico il profumo intenso dell’ erba cipollina.

Il tutto, dentro una fetta di peperone svuotato e scottato (ma non troppo perché per motivi ideologici non si può certo ammorbidire eccessivamente 😉  ) prima di un rapido passaggio in forno.

Magari non piacerà a tutti, ma la resistenza è servita anche a far capire che quello che era piaciuto a tutti per vent’anni non era poi così buono. Sicuramente però non lascerà indifferenti, e se un piatto sicuramente non basta a scuotere le coscienze, sicuramente scuoterà il palato.

Per rifare la solita parmigiana, poi, saremo in tempo tutto l’anno. Oggi si resiste.